«Che cosa significa fusione? È mettere insieme, in un quadro che sia armonico ed efficiente, degli elementi segnati da differenze e diversità. Appunto per questo per la Collina d'Oro non si può parlare, a rigor di termini, di una fusione, tante, ricche e fondanti essendo le affinità culturali e quotidiane che già esistono e che da secoli fanno della gente e della Comunità della Collina un'unità. Si tratta, nella specifica contingenza della fusione politica, di sancire anche a livello istituzionale, un'unità che già sussiste, e da secoli.
Quali ne erano e sono le sostanze (Trebuchet):
1. Per secoli e fino a qualche decennio fa, vi fu l'unità del lavoro della terra, lavoro che era condiviso nella stessa misura e modalità in tutti e tre i villaggi, portato innanzi insieme da uomini e donne uniti da un destino comune: una realtà di sforzo e di solidarietà di cui reca testimonianza anche il dialetto, che in tutti e tre i nostri villaggi era identico. E vi è stato fascino della unità e peculiarità della toponomastica (arial Narrow): sono nomi che mostrano in quale maniera i nostri antenati si sono inseriti nel territorio, facendolo proprio attraverso l'impegno e un diuturno lavoro. Un aspetto, la toponomastica, su cui, pur nei limiti di spazio assegnati a queste pagine, torneremo. Unità della Collina, poi, nella sofferta e pur splendida tradizione del lavoro cercato e svolto all'estero, in un'emigrazione che era fatica ma anche conquista di sapere, di tecnica, di gusto, di senso artistico, di capacità organizzativa, e, ribadiamolo, di solidarietà: che nasceva, impellente, nella durezza del vivere in paesi estranei (Georgia), così segnati dalla diversità, nel clima, nella lingua, nelle mentalità. Un lavoro, quello del costruire e del creare altri modelli di architettura, che si apriva sulle più diverse zone dell'Europa, per spingersi, ardito e competente, fino a San (Comic) Pietroburgo e a altre zone delle Russie. Ebbene, era un impegno e un creare che vedeva coinvolta e unita la gente dell'intera Collina: gli artigiani di Gentilino (guidati ad esempio dai Casasopra e dai Somazzi) collaboravano con quelli di Montagnola (diretti dai Berra, dai Camuzzi, dai Gilardi, e poi, dai Lucchini). Sulle impalcature russe, lavoravano gomito a gomito con i costruttori di Agra (guidati spesso, e per secoli, dagli Adamini). L'emigrazione, insomma, ha unito attraverso le generazioni la gente di tutta la Collina: non a caso le molte lettere e i molti piani e progetti di cui vanno ricchi taluni archivi della Collina parlano non solo di un singolo paese, ma si informano della gente dei paesi vicini: un intenso intrecciarsi di aiuti e di preoccupazioni comuni nelle lettere di quest'emigrazione: che fu esperienza di apertura e di gusto e che ancora oggi si riflette nei tratti di signorilità che segnano la nostra Collina e i suoi abitanti. Anche qui, ribadiamolo, unità in una emigrazione che non si saprebbe attribuire a un solo villaggio escludendo gli altri: un fatto unitario, che toccava e tocca la Collina nella sua globalità (è storia artistica della Collina d'Oro: è appunto con questa specifica formula globale che parlano e prospettano e analizzano i più aggiornati e agguerriti studiosi dell'arte e della storiografia).
Né i fatti unitari si fermano qui. Essi sono molti, e noti, si che sarebbe superfluo stare a ricordarli minutamente. Rileveremo solo, per sommi capi, alcuni pochi altri aspetti, come l'aver tratto tutte le parrocchie la loro origine (che era religiosa e culturale insieme) dall'irradiazione che emanava dalla pieve d'Agno, unità e collaborazione che ebbe anche nel costruire la chiesa di sant'Abbondio (tuttora in comune tra Gentilino e Montagnola, chiesa in cui, conviene ricordarlo, i nostri avi vollero, nitido, lo stemma della croce federale: un unicum che con altri fa peculiare al Collina d'Oro). E vedi ancora, in chiave di sovracampanilismo, il sostegno dato da tutta la Collina alla libertà italiana sia nell'Ottocento sia durante il periodo del fascismo, quando il sostegno, che muoveva da Certenago, si irradiava via via all'intera collina.
Più recenti ma non meno significative, altre collaborazioni dei tre nostri paesi, come nella conduzione consortile della scuola, strumento che plasma i futuri cittadini e le future cittadine; collaborazione poi anche nell'acquedotto, che è oggi pianificato e condotto come bene intercomunale, collaborazione infine anche nel risolvere tanti altri problemi quotidiani, come – in parte – certi lavori tecnici e legati alle problematiche ecologiche.
2. Vi è l'unità degli uomini e delle loro volontà: vi si è accennato. E vi è l'unità del territorio, che si articola sulla compattezza geografica e geologica della Collina, unità che a momenti si colora anche di quella forza della luce che è sola della collina in certi giorni privilegiati (in questa plaga già per molti versi privilegiata). Unità geografica e territoriale, per cui per secoli fu corrente parlare di nem in sü, süla Collina, e si intendevano globalmente, Gentilino, Montagnola e Agra.
In rapporto al territorio va qui segnalato come da noi affiori un unicum toponomastico, un modo di designare i nomi di luogo che esce dal solito sentiero battuto. In molte zone, i nomi dei luoghi fanno riferimento a piante, vegetali, tipi di prato ecc. Sulla Collina d'Oro, ed è un unicum che non si trova riscontro in altre zone della Svizzera e dell'Italia settentrionale, siamo invece confrontati a una toponomastica costruita sulla volontà insediativa dell'uomo.
Valga da esempio (con elementi di altro interesse, un interesse che va al di là del locale) il nucleo toponimico che affiora sulla nostra Collina, dove nell'arco di neppure un chilometro abbiamo i toponimi Certenagh, Pupurin e Gentirin. Ebbene, il primo è la sopravvivenza del termine di diritto centena «insieme di cento persone ecc.» provvisto del suffisso – ago cioè «spazio relativo alla catena», centena che appunto era spesso menzionata nei documenti relativi alle nostre terre (e che qui per brevità rinunciamo ad introdurre in modo esplicito). Segue il nucleo di Papurin, it. Poporino che è, con – l – passata a – r – (rotacismo), da ricostruire in popolus «popolo», popolazione, gruppo di persone», così come interessante è Gentirino, pure con rotacismo (poi ricostruito nella formulazione ufficiale in Gentilino: ma significa ben più di gentile!). Significa che lì fu attiva la volontà di insediamento della gente, che decise di abitare e lavorare in un luogo. Gentlino, in doc. antichi Gentarino, è da intendere come «piccolo stanziamento di gente», «piccolo nucleo abitativo». Un nome di luogo, questo, che ha risonanze dal Duecento e che compare più e più volte nei documenti del CDT (Codice Diplomatico Ticinese), dove si hanno tracce di Gentilino sin dal 1270. Echi di popolus come «stanziamento, gruppo di persone» si hanno del resto, per la nostra Collina, in Popolino, documentato sin dal 1196 (CDT 1.40. 40-41, che però, si limita a dare dei materiali non interpretati, materiali che per la prima volta vengono ora commentati e chiariti nella loro portata culturale qui, in questo rapporto che si vuol benaugurante per il futuro della Collina).
Montagnola, dal canto suo, fa il suo ingresso nella nostra conoscenza attraverso i documenti del 1140 (di gran lunga anteriori alla fondazione della Confederazione) e poi del 1298 riportati in CDT 1.88 1.93 ss. 1.142 ss. E in CDT 2.14-17 e 4.17, documenti affascinanti che sarebbe bello e utili presentare alla gente.
E – chiederà qualcuno – il nome della fascinosa località di Agra? Ebbene, anche qui, si vuol andare in una direzione metodologicamente nuova. Non convince il comodo e troppo rapido conguaglio Agra = acero, che si è soliti ripetere. Nel nome dato al nucleo già in documenti assicurati dal CDT 1.142144 e poi, per l'anno 1298, in CDT 1.145-146, proponiamo di riconoscere l'esito orale del lat. Aquula «piccola scaturigine d'acqua»: che era quanto necessario all'uomo perché potesse insediarsi in modo stabile nella località: un riferimento non a un albero (a un presunto acero), ma a un elemento vitale per l'uomo.
Restiamo su Agra per ricordare il suo appartenere, con Barbengo, al concilio di Premona: un'antica appartenenza che emerge anche da un documento del 1335 pubblicato in CDT 1. no. 62. Una connessione che poteva, a secoli di distanza, riflettersi fors'anche nel fatto che, nel Ticino divenuto indipendente, Agra verrà attribuita al circolo di Carona, con cui, attraverso Barbengo, aveva continuità territoriale.
Resta che molti, e secolari, furono i rapporti tra Agra e gli altri villaggi della Collina. Vedi ad esempio, in Bollettino Storico della Svizzera Italiana 18 (1896). P. 46, il documento che provava come nel Quattrocento fosse attivo una cappellano che si occupava sia di Barbengo sia di Agra sia di Montagnola. Interessante poi, la notizia che desumiamo da uno spoglio dell'Educatore della Svizzera Italiana, vol. 112 (anno 1970) fasc. 3, p. 14-17 e ss.: ivi, appunto, viene riprodotto il documento sulla scuola cappellania della Collina d'Oro: scuola che coinvolgeva ragazzi di tutti e tre villaggi.
Sempre per Agra, importa poi rilevare l'interesse oltre che della chiesa anche dell'origine culturale connessa al nome del suo patrono: un raro riferimento a Tommaso, che venne scelto perché era un santo «precisetti», che volle ficcare il dito nelle piaghe di Cristo; ne venne l'idea del suo carattere di santo protettore delle persone che verificano, che sono precise, che vogliono andare a fondo nelle cose. Sì che Tommaso era predestinato a essere il patrono degli architetti e dei costruttori, così numerosi e fecondi a Agra. Con che si è risospinti un'altra volta al grande tema unitario della gente della Collina mobile per il mondo in una fattiva emigrazione che ridonda oggi in alto prestigio per il Ticino e per l'intera Svizzera.
Perché l'insistenza sulla toponomastica? Perché anch'essa prova come sulla Collina d'Oro sussista unità e specificità pure a livello del modo con cui la gente che ci ha preceduti su queste terre denominava i luoghi del proprio vissuto.
3. L'uomo, lo si è spesso visto protagonista, su queste terre: lo provano molti dati di fatto che sono entrati nella memoria e nella storia condivisa. Ebbene, alla volontà e alla creatività dell'uomo si deve anche quel nome di Collina d'Oro che dura ormai da decenni, apprezzato e ben congruo alla liberalità della gente e alle bellezze naturali e artistiche della plaga (nome che, sia detto d'inciso, potrebbe riuscire domani quanto mai adatto a segnare anche sul piano ufficiale la qualifica della nostra zona: ma certo, qui si avanzano solo impressioni personali, sta ad altri decidere).
Il dato di fatto è che, dal 1883 circa, circola questo elegante nome di Collina d'Oro. Esso, ad esempio, nel 1885 compare nelle pagine ingiallite ma fascinose del verbale delle riunioni del partito liberale radicale. Di quello scorcio di tempo è pure il documento a stampa intitolato «Circolo dei Franchi liberali della Collina d'Oro. Mutuo Soccorso, Statuti e Rapporti», documento che si conserva all'Archivio Cantonale di Bellinzona, scatola 1325, doc. n. 4512.
E per chiudere con un tratto di colore, perché non andare a rileggere un gustoso annuncio della Gazzetta Ticinese del 1884: «D'affittare sulla Collina d'oro, a mezz'ora da Lugano, casa civile di recente costruzione, con orto, giardino e cantina annessi»… Compare il nome che farà fortuna sino ad oggi: e che poi, in processo di tempo, sarà immesso anche sulle carte topografiche. Ma certo, il proto di quel numero di giornale del tardo Ottocento, mai avrebbe pensato di veder ricordato oggi, a distanza di 117 anni, il suo piombo…
Testo tratto da «Riflessioni sulla fusione delle Comunità di Gentilino, Montagnola e Agra» di Ottavio Lurati, 9 marzo 2001